Due letture sceniche e due momenti musicali con al centro il tema dell’infanzia toccata dalla fragilità e dal dolore, come dall’incanto di un mondo giocoso e fiabesco. Frammenti di storie, una narrazione coinvolgente e profonda nel chiostro quadrangolare che faceva parte dell’antica struttura a crociera che era l’Ospedale Maggiore di Lodi.
Quante volte abbiamo transitato, con la nostra superficiale e distratta fretta in questo spazio, corridoi, cortili, atrii, sempre spinti dal passo, frettoloso e alienante, come se attraversassimo un luogo consueto, divenuto, ai nostri occhi, ormai insignificante e inutile.
La polvere su quella decorazione in cotto, la ruggine nei cardini, il muschio sulle pareti esposte a nord, gli affreschi sbiaditi della colomba, simbolo dello Spirito Santo, tutto questo rappresenta una dimenticanza. Eppure tutto questo è il segno silenzioso, ma ancora visibile, di remoti splendori o di antiche ferite, di un passato perduto. Tutti i luoghi dismessi o abbandonati - ne dovremmo essere coscienti - racchiudono in sé una traccia simbolica. Una memoria.
Sta quindi a noi, alla nostra immaginazione poetica, recuperare questo nascosto significato, interpretare il messaggio di un silenzio evocativo che viene dal luogo, ponendovi attenzione, acuendo tutti le nostre percezioni. Così ne verrà l’ascolto di frammenti di storie, apparentemente congelati sotto la polvere, nelle crepe dei muri, tra un mattone e l’altro: frammenti muti ma pieni di tutte le voci di chi ci ha preceduto: grida di disperazione e di aiuto, lamenti, preghiere, sorrisi, attese, ninna nanne...
Ecco il nostro compito: ché sia di premura, di custodia e di accudimento verso questo mondo: il nostro chiostro quadrangolare che faceva parte di uno dei bracci dell’antica struttura a crociera che costituiva l’Ospedale Maggiore di Lodi. Siamo nell’epoca del 1466- 1504 e gli autori Gian Battista Comazzo e Beltramo da Pandino. Ma basta il recupero, la semplice fruizione estetica, la passeggera nostalgia fine a sé stessa? NO.
Riscopriamone sì la bellezza architettonica, nonché la sua vocazione originaria, in quanto luogo di dolore e di ferite, ma anche di cura e di speranza. È necessario abitarlo, ridonargli vita, affinché gli spazi vibrino di nuovi significati, di nuove realtà, rigenerando un’interazione tra noi e lo spazio.
Così si esplicita il percorso della rassegna Vien musica dal chiostro. Un’esperienza che forse ci permetterà di udire, di ripescare quella flebile voce bambina che perdura, malgrado tutto, ancora nella nostra profondità.